Agosto 1998

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Indice n° 00

Redditi finanziari

Dal giorno 1/7/98 per tutte le famiglie italiane comincia una nuova era tributaria: l’anno primo delle tasse sui Capital Gain. E’ all’insegna di questa linea il D. Lgs. 461 del 21/11/97 (pubblicato nel supplemento ordinario n 2/L alla G.U. n2 del 3/1/98). Obiettivo della riforma è riordinare le disposizioni tributarie sui proventi finanziari.

Principali modifiche rispetto al passato regime

Quella concettualmente più rilevante consiste nel fatto che, mentre nel sistema operante fino al 30/6 l’imposizione fiscale colpiva unicamente il "frutto che deriva dall’investimento finanziario" (gli interessi, i dividendi, gli scarti di emissione...), nel nuovo meccanismo impositivo vengono sottoposte a tassazione anche le "plusvalenze prodotte da realizzi dell’investimento" (cioè la vendita a prezzo maggiorato rispetto all’acquisto del titolo o quant’altro).

In più uno degli aspetti più innovativi della riforma è che la tassazione delle plusvalenze viene poi allargata anche alle valute, ai metalli preziosi e anche ai prodotti derivati. Analogamente sarà però riconosciuta la possibilità di recuperare eventuali "minusvalenze" subite portandole in diminuzione dalla base imponibile. Praticamente chiunque abbia un C/C, un C/titoli o BOT, BTP, CCT... sarà tenuto a rispettare la riforma anche se in taluni casi non se ne accorgerà nemmeno.

I vostri titoli cresceranno di valore? Benissimo, d’ora in poi il Fisco vorrà la sua parte.

Le solite ECCESSIVE pretese di un fisco esagerato? Forse no.

Perché, a conti fatti, ai risparmiatori che sceglieranno queste alternative toccano i maggiori vantaggi, con la massima riduzione delle perdite e delle seccature burocratiche.

In estrema sintesi il nuovo sistema avrà 3 binari: RISPARMIO GESTITO, RISPARMIO AMMINISTRATO e DICHIARAZIONE "FAI DA TE" e 2 aliquote: 12,5 % e 27 %.

La 1° si applicherà al "Capital Gain" (guadagno sul prezzo di acquisto) di qualsiasi investimento azionario ed obbligazionario; la 2°, invece, colpirà le partecipazioni qualificate, vale a dire le quote azionarie di una certa rilevanza.

Quale regime di tassazione scegliere?

Per poter rispondere occorre conoscere il tipo di investimento anche se... tutte e 3 le strade portano soldi nelle casse del Fff...Vvv..isco! Ecco comunque le differenze tra i 3 regimi.

REGIME DELLA DICHIARAZIONE

E’ la più impervia delle strade: chi vuole gestirsi autonomamente paga le tasse solo quando realizza concretamente, ma

- Perde l’anonimato perché quando scocca l’ora della dichiarazione dovrà spiegare per filo e per segno i movimenti del suo portafoglio.

- Dovrà tenere una vera contabilità delle operazioni effettuate e avere l’obbligo di conservare tutti i documenti per almeno 5 anni.

- E’ obbligato ad inserire nel ‘99 guadagni e perdite in un nuovo quadro del modello Unico.

- Sul saldo algebrico "plusvalenze meno minusvavenze" il contribuente deve applicare il 12,5% (o 27%) e versare l’imposta con le stesse scadenze previste per il saldo IRPEF (31/05).

- Se le perdite superano i guadagni, la differenza può essere riportata in detrazione ogni anno fino al 4° anno successivo.

- Non è concessa la compensazione tra le minusvalenze di operazioni in titoli (redditi diversi) con i redditi da capitale (dividendi, interessi).

- A chi sceglie questo regime, inoltre, si applica l’equalizzatore, che serve ad equilibrare il trattamento tributario rispetto a chi ha scelto una Gestione Patrimoniale.

Ecco perché questo regime è ritenuto dagli esperti quello a minor convenienza. Comunque non vanno dichiarati i redditi finanziari per i quali l’imposta è già stata prelevata alla fonte come gli interessi sui C/C, cedole dei titoli di stato e delle obbligazioni pubbliche e private.

REGIME AMMINISTRATO

Garantisce l’anonimato fiscale e crea pochi problemi al risparmiatore: è, infatti, l’intermediario autorizzato a dover versare le imposte dovute per conto del cliente. Anche qui non è possibile compensare i redditi diversi con i redditi da capitale. Quindi toccherà alla banca registrare i prezzi e le date di acquisto o di vendita di ciascun titolo in portafoglio e segnalare al fisco l’eventuale possesso di partecipazioni qualificate (che dovranno essere indicate nella dichiarazione dei redditi).

Anche in questo regime è prevista l’applicazione di un equalizzatore quando vengono ceduti titoli in possesso da più di 12 mesi e le eventuali minusvalenze saranno portate a credito per i successivi 4 periodi dell’imposta.

REGIME GESTITO

Consente il totale anonimato nei confronti del fisco in quanto l’imposta è a titolo definitivo. NOVITA’: non viene tassata la plusvalenza incassata ma quella maturata anno dopo anno. VANTAGGI:

- Non si applica l’equalizzatore

- Possono essere dedotte le minusvalenze stimate ma non ancora realizzate

- Le minusvalenze possono essere compensate con gli interessi, i dividendi o con altri proventi di capitale

- La tassazione è al netto degli oneri di gestione

- Se la giacenza del C/C di appoggio non supera il 5% del patrimonio gestito, i relativi interessi sono tassati al 12,5% anziché con l’aliquota ordinaria del 27%.

Nella categoria risparmio gestito rientrano anche i fondi comuni ma con notevole differenza formale rispetto alle Gestioni Patrimoniali, il gestore paga il 12,5% ogni giorno, quindi la quota pubblicata sui giornali sarà al netto delle tasse, sicché i fondisti non avranno conti di fine esercizio da saldare e né quando venderanno dovranno pagare qualcosa.

Bisogna tener presente, comunque, che la scelta definitiva va fatta entro il 30/09 e che si può cambiare idea alla fine di ogni anno fiscale.

A proposito... E come vengono gestiti i titoli già in portafoglio? Non c’è problema. Il fisco comincerà a fare i conti considerando come base di partenza per i valori quotati la media dei prezzi di 06/98. La rivoluzione, insomma, non è retroattiva.

Che dire... Buon "Capodanno Rivoluzionario", con l’augurio che il fisco dell’era Capital Gain vi sia "leggero".