Agosto 1998

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Indice n° 00

Asta delle ciliegie perché non è ancora realtà

Di Angelo Addati

 

Di Sabina Castellaneta

La proposta di regolamentazione del mercato cerasicolo, presentata in data 5-12-1997 dall’Associazione Cerasicoltori è stata approvata solo dopo 5 mesi. Quali sono state i motivi che hanno portato a queste lungaggini?

Essendo io subentrato all’ex Ass. Cupertino in tempi successivi, posso solo dire che è probabile che tutta una serie di incontri svolti in tale periodo siano stati vani soprattutto per la difficoltà delle parti (Associazione Cerasicoltori e compratori N.d.R.) di raggiungere un accordo e che poi la questione sia stata portata in Consiglio appena possibile. D’altronde è stato inutile il manifesto affisso dall’Ass. Cer. dal quale si aveva solo una chiara impressione di una strumentalizzazione dell’argomento che sa tanto di Prima Repubblica. Sarebbe stato meglio, invece, scrivere una lettera ai Capogruppo dei vari partiti sollecitando una rapida deliberazione.

Ma tutto questo è necessario? Una volta presentato il protocollo d’intesa, non è normale che questo atto segua il suo iter nella maniera più celere possibile?

Allora perché esiste l’istituto della partecipazione? Perché esiste il difensore civico?(che a Sammichele non c’è N.d.R.) Perché esistono le richieste formali (vedi box "Chi la dura la vince" a pag.5 N.d.R.)  e le petizioni popolari? (ricorda la vicenda della petizione per il verde in piazza N.d.R.)

E’ opportuno che ogni proposta prosegua autonomamente ma quando c’è l’inerzia dell’Amministrazione Comunale i promotori della richiesta devono stimolare, ad esempio facendo quel manifesto 2 mesi prima: in quel caso molto probabilmente avremmo potuto approvare il regolamento in tempo.

Invece del giorno 6-5-1998 l’approvazione di tale delibera è stata poi rinviata più volte prima di slittare definitivamente al 21-5-1998 quando la campagna di raccolta era già inoltrata. Non era possibile, vista la inutilità di una tarda approvazione per i problemi logistici che questa avrebbe comportato, deliberare riguardo la regolamentazione del mercato cerasicolo con qualche provvedimento di urgenza?

Mai abbiamo convocato un Consiglio per il 6-5-98. L’unica cosa che può essere successa è che si sia venuto meno ad una promessa verbale chi ha garantito una approvazione in data 6-5 oppure il rinvio è da considerarsi conseguenza dell’atteggiamento di coloro che dalla delibera non ne traevano vantaggi. Inoltre sicuramente la Ass. Cer. ha omesso di esercitare una azione di stimolo. La legge dice che il Sindaco può convocare un Consiglio Comunale dando un preavviso minimo di 24 ore e ciò sarebbe stato fatto se l’Ass. Cer. avesse sollecitato già 2 mesi prima, anzi si sarebbe portato come fatto prioritario all’ O.d.G. l’approvazione della regolamentazione del mercato cerasicolo.

La proposta di protocollo è stata avanzata dall’Associazione Cerasicoltori ed è stata approvata in toto dall’Amm. Com.. In questo caso il ruolo dell’Amministrazione è stato passivo. Ma quest’ultima ha mai pensato a regolamentare il mercato delle ciliege magari in un piano più ampio di rilancio e sviluppo dell’agricoltura locale, insomma una vera politica dell’agricoltura?

Il problema è di una tale complessità che meriterebbe una risposta più articolata. Un protocollo simile a questo fu presentato l’anno scorso e venne sottoscritto dall’Amm. Com. e da parte dei commercianti ma, all’ultimo momento, vennero meno alcune firme e non se ne fece più nulla. I modi con i quali si è arrivati ad una convergenza quest’anno ci dovrebbero insegnare che se si vuol parlare di un piano generale di rilancio dell’agricoltura risulta fondamentale trovare dei momenti di incontro con le varie parti interessate. Una ripresa economica non può avvenire a colpi di decreti.

Quindi l’input deve quindi sempre essere esterno?

L’ente pubblico non ha competenze specifiche e non può, facendo un esempio, inventarsi un imprenditore e obbligarlo a convertire le proprie colture in un redditizio vivaio: ci vuole la partecipazione, la imprenditorialità e l’intelligenza degli interessati; poi bisogna intervenire con incentivi, con l’adeguamento degli apparati ecc.

Proviamo ad aggiustare il tiro: invece di considerare il grande imprenditore guardiamo le centinaia di piccoli produttori agricoli...

Il fatto che si crei una grande azienda agricola, comunque, non interessa solo poche persone, ma bensì è un volano che spinge tutta la collettività dal punto di vista occupazionale.

Dall’asta pubblica ne trarrebbero vantaggi soprattutto i produttori. E’ altresì noto che i mediatori del paese osteggiano apertamente questa possibilità. In tale situazione l’Amm. Com. deve tutelare le centinaia di produttori locali? Come far sì che il mercato ortofrutticolo, che l’anno prossimo sarà realmente fruibile, non venga "snobbato" dai compratori e mediatori che hanno attività già avviate nei loro magazzini?

E’ una questione di cultura: gli operatori agricoli devono capire la necessità di concordarsi e associarsi, individuare un comune obiettivo e perseguirlo; allora sarà il compratore ad adeguarsi. I produttori devono capire che è necessaria una consulenza per migliorare la quantità e la qualità della produzione, e che questa è utile solo se fatta in maniera organizzata e sistematica.

Inoltre i compratori non sopravvivono senza produttori, i produttori, invece, in assenza di compratori possono scegliere altre vie per la commercializzazione o addirittura mostrare i muscoli con una azione energica (minacciando la distruzione del raccolto, ad esempio) contro coloro che potrebbero, con la loro assenza, decretare il fallimento dell’asta.

Comunque non mettiamo il carro davanti a i buoi: si suppone che coloro che hanno sottoscritto il protocollo siano in buona fede e abbiano i migliori propositi di rispettare l’accordo. Io sono fiducioso.

 

Il metodo Rutigliano

Di Giuseppe Taneburgo

Sono in molti ormai ad essere convinti che alle soglie del terzo millennio il sistema di commercializzazione delle ciliegie presente nel sud-est barese sia ormai superato.

Se da una parte gli esperti di economia esaltano la globalizzazione dei mercati, dall’altra i produttori locali sono ancora affezionati alla figura del mediatore.

Quest’anno a Rutigliano si è fatto ricorso invece ad un sistema alternativo. Una cooperativa locale (la P.A.P.) si è associata all’U.N.A.C.A.O. di Ferrara diretta dall’imprenditore Salvi che si è impegnato a piazzare con il suo marchio circa 5 tonnellate di ciliegie al giorno. All’imballaggio del prodotto era preposta la cooperativa, che ha dovuto far fronte alle spese di fitto del locale. Dunque, con questo metodo, i produttori hanno dovuto sostenere solamente le spese di lavorazione e la retribuzione dell’intermediazione di Salvi, quantificata quest’ultima nel 4.5% del prezzo di vendita.

L’aspetto positivo è che il produttore riesce a trarre un maggior profitto (in media 700-800£ al kg in più rispetto al mercato di Sammichele) in quanto si tratta di un conferimento diretto, cioè si salta la figura del mediatore.

Molti invece sono gli aspetti negativi legati a questo sistema.

Il produttore non sa immediatamente il prezzo a cui è stata venduta la sua merce, perché esso è stabilito a fine partita (circa una settimana dopo), cioè dopo che si è avuta la vendita al dettaglio.

"L’aspetto meno esaltante di questa esperienza è che il margine di rischio è notevole. Se un carico non giunge in buone condizioni a Ferrara la cooperativa ci rimette l’imballaggio, Salvi la provvigione ed il produttore la merce". Questo è quanto ha affermato un cerasicoltore sammichelino che ha tentato questa via.

A prima vista sembrerebbe che ci siano più ombre che luci. Bisogna tener conto invece che operando in tal modo si creano nuovi mercati e dunque si contribuisce ad aumentare la possibilità di piazzare il prodotto.

Se in futuro si riesce a garantire una maggior trasparenza sul prezzo di vendita al dettaglio, sulle spese di lavorazione ed una più equa ripartizione dei rischi, si può ben sperare sulla riuscita di questo nuovo meccanismo di commercio.

 

L'asta turese luce e ombre

Di Antonio Fasanelli

Da diversi decenni questa cittadina è una grossa realtà per ciò che riguarda la produzione e la commercializzazione delle ciliegie. L’agro di Turi è stato da sempre una zona vocata alla produzione di questo frutto: basta pensare che è oramai certo che la cultivar Ferrovia, conosciuta in tutti i mercati europei, è originaria di questa terra.

Negli anni la superficie coltivata a ciliegie ha avuto una crescita esponenziale (insieme all’uva da tavola è una delle poche coltivazioni che garantisce buoni margini di profitto) e parallelamente ad essa si è sviluppata una fitta rete di imprenditori e commercianti che provvedono a piazzarle sul mercato.

La compravendita avviene al largo Pozzi. Qui il produttore, con il suo prezioso carico, aspetta che i mediatori gli si avvicinino per far l’asta, quindi si stabilisce il prezzo e poi riparte verso uno dei tanti magazzini dove le ciliegie vengono pesate e scaricate.

Molti compratori cercano di evitare tale sistema ed invitano i produttori a recarsi direttamente ai propri capannoni con la promessa di un "particolare trattamento" o facendo leva sulla pessima abitudine di non rispettare il prezzo pattuito all’asta.

In genere a tale invito i piccoli e medi produttori (i grandi disertano l’asta) rispondono sistematicamente: "…se volete le ciliegie, le dovete comprare al mercato.". Questo perché ormai si è consolidata la convinzione che l’asta è un utile strumento che tiene alto il prezzo del frutto.

Se invece si venisse, in un qualche modo, a seguire l’altra via, cioè quella del conferimento del prodotto in maniera privata, si innescherebbe un sistema al ribasso: il compratore imporrebbe un prezzo che non tiene conto dell’effettiva richiesta del mercato.

La prassi descritta in ultimo, è quella che da anni si attua a Sammichele. Molti sono coloro che non si danno per vinti e così preferiscono recarsi giornalmente a Turi, dove riescono a spuntare un prezzo in media superiore di circa 500£.

Non bisogna pensare però che un tale meccanismo non possa incepparsi. Basta pensare che durante la campagna 1996, alcuni commercianti acquistarono durante l’asta, a prezzi fuori da ogni logica, svariate tonnellate di prodotto per poi scappare senza retribuire i cerasicoltori.

Per cercare di regolarizzare il mercato il Consiglio Comunale di Turi in data 21/04/1997 ha approvato una serie di norme. Da una parte si cerca di migliorare la compravendita, minacciando la sospensione temporanea del compratore che non si attiene alle regole e obbligando i produttori a conferire merce sana e omogenea, dall’altra non si tutelano in modo corretto i produttori che spesse volte sono costretti a vendere le merci a compratori che hanno un capitale sociale di poche decine di milioni, insufficiente a garantire un eventuale fallimento dell’operazione di mediazione.