Agosto 1998 |
Una cura per il Museo
Di Sabina Castellaneta
Nel 1992, due anni dopo la morte di Dino Bianco, è stato chiuso il Castello Caracciolo per lavori di restauro e così di fatto si è conclusa la storia del Museo della Civiltà Contadina. Da sei anni i cittadini di Sammichele aspettano che ritorni ad essere quello di un tempo e dal momento che il restauro della sua sede naturale sarà ultimato, a quanto ne sappiamo, tra un anno, cè la speranza che questa nostra attesa non duri ancora molto. Infatti è opinione largamente diffusa che con la riapertura del Castello debba essere riattivato quasi automaticamente in questa sede il Museo. Questo per la semplicissima ragione che il museo è stato chiuso per il restauro del suo CONTENITORE e non del suo CONTENUTO, cioè degli oggetti che allepoca godevano di buona salute.
Ma nel corso di sei anni la situazione si è praticamente invertita e oggi dobbiamo rilevare che quegli oggetti non sono nelle stesse condizioni. Se uno o al massimo due anni basteranno per restaurare il Castello, senza alcun dubbio lo stesso tempo non sarà sufficiente per ricostituire lenorme patrimonio che quel museo conteneva. E questo non tanto perché due anni non siano un tempo bastevole per il restauro quanto piuttosto perché per farlo occorrerebbe una equipe specializzata, numerosa e costantemente impegnata.
Dunque gli oggetti sono ridotti così male?
Consideriamo preliminarmente che non sono mai stati restaurati; in secondo luogo che dal 1992 ad ora sono stati letteralmente disseminati, depositati in luoghi del tutto inadeguati a conservarli. Mi riferisco allex mercato coperto di piazza Caracciolo (già inagibile prima del trasferimento degli oggetti a causa dellumidità), al cortile posteriore del Castello , nel quale sono stati ammassati anche utensili in ferro, e al cosiddetto "mercato ortofrutticolo" di via Canale, dove "ruderi" di incredibile valore, ben visibili dallesterno, sono lasciati in balia degli agenti atmosferici.
Il risultato è che oggi gli oggetti del Museo sono quanto meno danneggiati (compresi i pochi reperti esposti nel Palazzo Pinto), quando non irrimediabilmente corrotti, distrutti o dispersi.
Che cosa si è fatto e cosa si fa di fronte a questo sfacelo?
Negli anni passati si è tentato di costituire comitati di opinione, gruppi preposti proprio alla tutela degli oggetti senza concreti risultati. A maggior ragione oggi, quando i lavori di restauro del Castello sembrano volgere al termine, è naturale che ci sia un certo fermento e che fortunatamente si senta parlare del museo non più solo in occasione di nostalgiche rimembranze.
Di pochi mesi fa è lultima iniziativa legata alla presentazione dei "quaderni del Museo" sulla scia della quale è emersa da parte di un gruppo di privati cittadini la volontà di impegnarsi gratuitamente a favore del museo.
Ho assistito personalmente alla presentazione dei quaderni e, anche se mi ha sorpreso non poco il fatto che si sia parlato di un museo non solo PRESENTE ma ATTIVO ( "lorgoglio del nostro paese" come si è detto), ho naturalmente apprezzato liniziativa in sé, tanto più che i proventi della vendita dei quaderni saranno devoluti al museo.
Considerando che nella delibera comunale del 24/06/97 si è approvata la spesa di 7.750.080 di lire per sovvenzionare la pubblicazione dei quaderni e che le copie pubblicate sono 500 (delle quali vendute circa il 50%), nella migliore delle ipotesi il guadagno si aggirerà attorno ai quattro milioni.
E evidente che lobiettivo di questa iniziativa non vuol (e non potrebbe pur volendo) essere quello di FINANZIARE il recupero degli oggetti del Museo, ma piuttosto quello di dimostrare da parte della Amministrazione un interessamento al problema e di aggregare forze che si adoperino per il Museo.
Non che questo non sia un valido obiettivo, ma mi chiedo perché accanto e prima di queste iniziative non si progetta un concreto piano per il recupero di un museo in agonia.
Perché il museo possa rivivere si dovranno restaurare gli oggetti recuperabili, cercarne di nuovi sostitutivi di quelli perduti, occorreranno insomma molte energie. Certo non solo quelle di privati cittadini, come Tonino Losito o Nino DAlessandro, che pure mettono a disposizione il loro tempo e la loro competenza, o di movimenti di opinione.
Consideriamo in ultimo che l11/05/98 la Regione Puglia ha approvato un progetto in collaborazione tra comune di Sammichele e CRSEC di Acquaviva delle Fonti per il "Rilancio del Museo della Civiltà contadina " Dino Bianco", in base al quale due dipendenti del CRSEC, Anna Rosa Savino e Margherita Spinelli, avranno il compito per un anno di inventariare, riordinare, schedare il materiale presente nel Palazzo Pinto e inoltre di guidare le scolaresche nelle visite al museo interrotte da tempo: naturalmente uniniziativa lodevole dal momento che si potrà fruire di ciò che resta del museo, degli unici oggetti che per lo meno sono stati conservati in un luogo chiuso e che pure necessitano anchessi di lavori di restauro (come emerge chiaramente dalla foto in prima pagina).
Come si vede dunque il problema di fondo resta.
Gli oggetti del museo hanno bisogno di rivivere, di ritornare ad essere al centro di un progetto complesso e avvenieristico come era quello del suo fondatore.
Egli scriveva "La importanza dellimpresa è così grande, gli sviluppi di cui è suscettibile sono tali e tanti che vale la pena di affrontare, di rischiare, finanche di compromettere la propria credibilità".
Il museo non è stato solo fortemente voluto , è stato ideato, realizzato, inventato da Dino Bianco. Oggi del suo progetto resta poco: quella che nella seduta del Consiglio Comunale del 2 Aprile del 1974 è stata considerata "la sede più idonea ad accogliere il Museo" è ancora chiusa; gli oggetti sono stati abbandonati allincuria.
Non so se il Museo potrà tornare ad essere quello che era nelle intenzioni del suo fondatore, so però che ha rappresentato una grande ricchezza non solo culturale per il nostro paese e credo che possa essere ancora unenorme risorsa PURCHE LO SI VOGLIA.